Mazzanti e l’apprendimento motorio (3 di 3): una sintesi dei punti principali e qualche alternativa

by 18 Jul 2020Pensieri sull'allenamento

Essere un grande tecnico richiede abilità particolari che non sono le stesse di quelle richieste per essere un punto di riferimento per quanto riguarda la tematica dell’apprendimento motorio. Saper insegnare o far migliorare le tecniche ai propri atleti è solo una piccola parte del lavoro di un allenatore. E data la difficoltà dell’argomento se funziona anche solo con pochi atleti o su poche tecniche è già un lusso. Senza contare che come per gli atleti, che spesso fanno le tecniche senza sapere come le fanno, anche gli allenatori spesso insegnano senza sapere coscientemente quello che fanno. Quindi magari sanno insegnare ma non sanno spiegare come lo fanno.

Come ultima puntata di questa serie di 3 articoli cerco di fare un po’ il punto su quelli che sono, ovviamente secondo me, i problemi fondamentali dei concetti da lui espressi. Il mio punto di vista si riferisce a studi e modelli facenti capo all’approccio ecologico.

I modelli tecnici

✅ esistono molti modelli, non uno solo

E’ già un passo avanti, meglio tanti modelli che un modello solo. Ma siamo certi che dobbiamo per forza cercare un modello per forzare una persona dentro quello schema che non sarà mai perfettamente adeguato? Non è forse il momento di capire cosa il modello realizza per ogni singolo atleta di riferimento e capire come posso realizzare lo stesso obiettivo con la persona che sto allenando? E’ un grande spostamento di focus.

✅ è un errore la scelta di un modello perché “a me piace così”

Come sopra, bisogna andare oltre.

✅ è opportuno scegliere un modello che si attaglia al particolare atleta

A grandi linea sarebbe anche corretto secondo me. Cioè per semplicità di analisi tra le molteplici possibilità (se non infinite un numero sicuramente molto grande) costruisco delle classi di movimenti. Il problema è il criterio con cui si sceglie una certa classe, un certo modello per quello specifico atleta rispetto a un altro modello. Esistono 2 tipi di problemi che emergono da questa intervista.

  • La scelta dei modelli in generale, che sembrano essere scelti anche solo perché si manifestano e non perché portino a una buona performance per la parte a loro dovuta (esempio della rincorsa lenta)
  • Come scegliere un certo modello per quel certo atleta. In un certo momento sembra che il criterio dominante sia la zona di comfort dell’atleta e secondo me questo criterio è molto discutibile

❌ Se scompongo un modello in parti posso selezionare queste parti in base a quello che vedo negli atleti di alto livello

Se scompongo un modello in parti posso selezionare queste parti in base alla loro efficacia per la parte di cui sono responsabili (modello di salto deve essere efficace per il salto). Ovviamente quando parliamo di parti del movimento dobbiamo assicurarci che non pregiudichino il risultato totale. In pratica dobbiamo assicurarci che sia presente sia quell’aspetto del movimento portato al suo massimo, sia l’efficacia del gesto globale. Una volta trovato la parte di modello efficiente va capito cosa questa parte di modello realizza e verificare come questo obiettivo può essere realizzato dall’atleta che sto allenando.

❌ posso selezionare il modello facendo scegliere all’atleta giovane in base alla sensazione di comfort

La scelta di un modello può partire da quello che è gia presente nell’atleta (intrinsic dynamics) ma deve prevedere il suo superamento, attraverso l’offerta di nuovi modelli di comportamento, in modo da aumentare la scelta. La sensazione di comfort porta a rimanere nel sistema stabile più vicino possibile al sistema di partenza, non porta a miglioramenti. O almeno non necessariamente. La natura odia fare fatica!

L’allenamento analitico

✅ Un’ottima metodica è il metodo globale-analitico-globale, con un basso numero di ripetizioni dell’analitico

Ottimo. Ma secondo me il punto tende a ingannare. Qui la confusione è sui metodi. Qualsiasi metodica che consista nel ripetere sempre la stessa cosa senza variazioni non produce apprendimento. Ma la distinzione non è tra globale e analitico. Un’esercizio globale può ripetere sempre la stessa situazione, mentre uno analitico può essere molto variato e quindi produrre molto apprendimento. E anche sulla questione del transfer se un analitico (o sintetico) è costruito bene, il transfer può rimanere altissimo. L’importante è che sia preservato il rapporto percezione-azione

❌ Il metodo analitico serve a percepire

Nel movimento umano la percezione non è staccata dall’azione. Quindi a parte che è impossibile percepire senza fare, è importante aver ben chiaro che il compito del cervello è sempre e comunque quello di trovare soluzioni. Di accoppiare una certa percezione con un certo movimento al fine di produrre un certo effetto. Nell’allenamento analitico semplicemente mi concentro sulla risoluzione di un unico problema, o su un singolo aspetto di un problema alla volta, in contrapposizione con gli altri due metodi, quello sintetico e quello globale in cui mi concentro contemporaneamente su più problemi. Il problema di questa affermazione è soprattutto che tende a portare l’attenzione sulla percezione di come viene fatto un movimento. Ci si sposta quindi nel campo dell’attenzione. Dove metto l’attenzione mentre eseguo il movimento. Tantissimi studi sono stati portati avanti da Wulf e colleghi (il cui rigore per certi aspetti è da verificare, lo faremo in un prossimo articolo) in cui sembra che feedback e istruzioni che guidino l’attenzione verso l’interno siano deleteri per la prestazione (Wulf 2013). Altri autori hanno considerato il livello di abilità come importante discriminante per la scelta del focus attentivo da utilizzare per una prestazione ottimale. Ma in questi studi è semmai per gli atleti principianti che può essere indicato un focus diretto verso l’interno mentre sembra confermato che per atleti esperti, focus che si dirigono verso l’effetto dell’azione siano da ricercare per non intaccare la conoscenza procedurale conseguita (Castaneda e Gray 2007).

Feedback, informazione e “consapevolezza”

✅ Ci sono persone che in base alla traiettoria […] fanno una tecnica diversa, quindi adattano la tecnica a quel tipo di palla…

Ok, sono d’accordo sembra che questo faccia il cervello: adattare il movimento alla situazione.

❌ Le abilità motorie spesso non sono il frutto di insegnamento, ma frutto della coordinazione dovuta al talento individuale

E’ vero che le abilità motorie spesso vengano costruite, migliorate, aldilà dell’intervento dei tecnici. Ma il problema è che non è detto che la coordinazione e il talento degli atleti porti di per sé a scelte ottimali. Spesso il talento porta a trovare una soluzione ottimale valida in quel momento, che può essere non funzionale allo sviluppo dell’atleta nel lungo periodo. A questo servono gli allenatori, a guidare i processi di apprendimento

Faccio un esempio su atleti in formazione. Spesso atleti anche molto dotati in under 14 adattano la rincorsa di attacco in modo da fare lo stacco invertito, sx-dx invece di dx-sx. Il mio dubbio è che il loro sia un adattamento molto ben fatto data un’ipotesi di richieste del coach: partenza con il piede dx avanti (per fare i 3 appoggi), aspetta che la palla sia alta per prendere il tempo. Siccome il tempo se parto dopo che la palla è alta è poco e siccome è più facile prendere il tempo avendo un tempo di movimento minore, di appoggi ne fa 2 soli, quindi finisce in sx-dx e tra l’altro se non ha sviluppato il movimento di torsione del tronco riesce a dare più forza da questa posizione con la spalla dx avanti perché sfrutta il pre-stiramento maggiore del gran pettorale. Il loro talento e la loro coordinazione fornisce la miglior soluzione disponibile in quel momento dati gli intrinsic dynamics e le informazioni a disposizione.

Tutto questo per dire che non possiamo fare troppo affidamento solo sul talento individuale: può anche fare piccoli errori che possono risolversi in grandi limiti nello sviluppo di un atleta.

❌ Il lavoro dell’allenatore è essenzialmente rendere consapevole l’atleta di quello che fa. Rendere consapevole l’atleta aumenta l’attivazione delle reti neurali che innescano attvazioni diverse a livello muscolare. Questa consapevolezza e la conseguente maggiore attivazione migliora la coordinazione

Le ricerche, per il momento, suggeriscono esattamente il contrario. Tra l’altro non solo sembra come già abbiamo visto con Masters, che la consapevolezza tenda a rendere più difficoltosa la coordinazione, ma addirittura altri autori hanno mostrato come la parte implicita, inconscia, tenda in ogni caso a prendere il sopravvvento su quella esplicita nelle fasi più avanzate dell’acquisizione di abilità (Miyamoto, Wang, e Smith 2020).

Bibliografia

Wulf, Gabriele. 2013. «Attentional Focus and Motor Learning: A Review of 15 Years». International Review of Sport and Exercise Psychology 6(1):77–104. doi: 10.1080/1750984X.2012.723728.

Castaneda, Brooke, e Rob Gray. 2007. «Effects of Focus of Attention on Baseball Batting Performance in Players of Differing Skill Levels». Journal of Sport and Exercise Psychology 29(1):60–77. doi: 10.1123/jsep.29.1.60.

Miyamoto, Yohsuke R., Shengxin Wang, e Maurice A. Smith. 2020. «Implicit Adaptation Compensates for Erratic Explicit Strategy in Human Motor Learning». Nature Neuroscience 23(3):443–55. doi: 10.1038/s41593-020-0600-3.

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