Allenare il lancio della battuta nella pallavolo. Un esempio dei limiti dell’approccio cognitivo

by 15 Jun 2020Il cassetto degli attrezzi

E’ condiviso da gran parte degli addetti ai lavori che l’aspetto determinante per la buona riuscita del servizio sia il lancio. Quasi sempre l’errore al servizio è quindi collegato a una cattiva esecuzione dello stesso.

I seguaci dell’apprendimento cognitivo, o comunque una certa scuola di apprendimento, vuoi per aumentare il numero di ripetizioni, vuoi per non sovraccaricare la spalla con un eccessiva sollecitazione, procedono con la scomposizione del movimento, e costruiscono esercizi, variamente architettati, di lancio del pallone con l’obiettivo di migliorare la precisione.

Chi non ha mai sentito parlare del lancio facendo scorrere la palla lungo una parete davanti a sé, o del lancio facendo cadere il pallone su un bersaglio posto a terra davanti al battitore? E di questi esercizi ne vengono ideati ogni giorno di più fantasiosi.

Purtroppo l’esercizio di lancio separato dalla battuta è uno di quei classici casi in cui si allena e si migliora nell’esercizio ma non si migliora nella tecnica reale. Già negli anni 90 Velasco metteva in guardia dal pericolo di allenare l’esercizio invece di allenare la tecnica di un fondamentale. In effetti il primo dubbio sull’utilità di questo esercizio di lancio dovrebbe venire nel momento in cui lo dimostriamo. Benché noi allenatori siamo (quasi) tutti in grado di fare un ottimo servizio, con il lancio perfettamente adeguato alla nostra tecnica, i primi tentativi di lancio senza che il colpo avvenga (a meno che ovviamente non facciamo spesso questa dimostrazione) risultano assai imprecisi o almeno sentiamo comunque una certa insicurezza e la sensazione di affrontare un gesto “ignoto”.

Un ‘interessante studio riportato da Davids, Button e Bennett1 mostra in maniera inequivocabile in che modo il problema si manifesta.

Nella figura sopra vediamo l’altezza del lancio nel tempo: a sinistra quando è richiesto al giocatore di colpire la palla, a destra quando lo stesso lancio è fatto senza richiedere il colpo. La traiettoria e in particolare l’altezza dei due lanci è sensibilmente differente. Quando non è richiesto di colpire la palla il lancio è più alto. Questo sembra significare che il cervello controlla/organizza i 2 compiti in modo diverso.

Secondo il modello della percezione diretta questo accade perché gli stimoli percepiti e le azioni ad essi legate sono differenti. Una cosa è lanciare la palla verso un punto immaginato nello spazio, tutt’altro è organizzare un movimento in relazione a un altro. In altre parole il fatto che il braccio colpitore deve iniziare a muoversi prima che sia finito il lancio rende questo movimento completamente diverso dal lancio a vuoto.

Così allenare il lancio senza il colpo è solo un esercizio a sé stante che al limite può migliorare la consapevolezza del lancio (solo se fatto con variazioni), ma non ha un reale transfer sulla corretta esecuzione del servizio.

1. Davids Keith, Chris Button, e Simon Bennett. «Time-displacement profiles for ball placement during serving conditions (placement and hitting the ball) and ball placement–only conditions for one representative subject». In Dynamics of skill acquisition: a constraints-led approach, 89, s.d.

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