Può sembrare strano occuparsi di un argomento apparentemente banale come quello di come spiegare e gestire nel modo più efficace possibile gli esercizi in palestra. In fondo basta sapere quello che si vuole fare e sapere parlare italiano, no? No. Il modo in cui si presenta il lavoro spesso fa gran differenza e molte molte volte vedo allenatori anche esperti e capaci commettere errori banali che possono portare a esercitazioni fatte male e/o senza la giusta applicazione, o che semplicemente portano a perdite di tempo magari con conseguenti arrabbiature perché l’esercizio non viene capito alla prima.

Di modi ovviamente di esporre un’esercitazione ce ne possono essere tanti. Espongo un mio modo particolare, una sequenza di cose da dire, un algoritmo, che va bene per la gran maggior parte delle attività, che mi permette di non dimenticarmi niente e che in ogni caso mi serve da base su cui eventualmente fare delle variazioni.

  1. Ottenere attenzione. Di solito quando spiego un esercizio le ragazze vengono da una pausa per bere. Questo perché nei miei allenamenti gli esercizi sono pochi 3-4 max 5 per cui le pause tra un esercizio e l’altro corrispondono con le pause per bere. In ogni caso è importante separare bene questa attività dalla precedente. Quindi:
    • chiamo le ragazze a me
    • eventualmente faccio un commento sull’attività precedente
    • attenzione alla prossemica: personalmente preferisco avere le ragazze tutte davanti, in modo da vederle tutte, se immagino l’esercizio possa prevedere delle domande da parte loro faccio in modo che si dispongano a semicerchio in modo da vedersi anche tra loro, se è una cosa più rapida e semplice possono stare anche sparse a caso
    • aspetto il silenzio: se qualcuna parla ovviamente non mi ascolta e distrae qualcun’altra. Banale ma a volte ci facciamo prendere dalla fretta di parlare e questo dettaglio non lo curiamo
    • solo quando ho silenzio e gli sguardi addosso (approfitto anche per guardarle tutte e valutare le loro condizioni fisiche ed emotive), inizio a parlare
  2. Sistemare l’attrezzatura. Non è detto che questa cosa vada fatta per prima, ma meglio farla subito per evitare di farsi prendere dall’enfasi della spiegazione e dimenticarsene. Questo momento è anche utile per conoscere i giocatori e capire come si comportano. Si può dare l’ordine generico: “sistemare i palloni fuori dal campo in zona 1” e aspettare per vedere chi si muove, chi non fa nulla, chi cerca di organizzare etc. Sono sempre informazioni utili da estrarre dal proprio gruppo. A volte è necessario o comunque funzionale indicare chi deve fare cosa, per praticità o perché per qualche motivo è meglio quella cosa sia fatta proprio da quella persona. Quindi:
    • sistemare i carrelli con i palloni dove serviranno per l’esercizio
    • sistemare anche qualsiasi altro strumento/attrezzo si debba utilizzare.
  3. Sistemare i giocatori nello spazio palestra. In campo se è un lavoro da fare in campo o in qualsiasi zona della palestra.
    • valutare se sistemare per ruolo, ognuno in un posto specifico o indifferentemente (e osservare anche qui i comportamenti)
  4. Organizzare per la dimostrazione dell’esercizio. SEMPRE o quasi sempre. Ci sono delle occasioni in cui può andar bene non fare la dimostrazione ma sono talmente poche che per sicurezza dico sempre. Posso far vedere io in prima persona, se sono in grado di farlo, o posso far fare la dimostrazione a altri. Quindi:
    • scelgo chi parteciperà alla dimostrazione che io ci sia o meno (o che ci sia il secondo o il raccatta palloni ex-giocatore). La scelta è importante. Posso scegliere in base a diversi criteri (capacità, o per qualche motivo psicologico, per premiare o per punire)
    • metto la palla in mano a chi deve iniziare l’esercitazione (o la prendo io se devo iniziare io, ovviamente). Questo è molto utile, sembra una banalità ma a volte è difficile immaginare e ricordare senza un qualche punto fisso da ricordare.
  5. Spiegare. Adesso e SOLO ADESSO inizio a spiegare la dinamica dell’esercizio
    • questa parte merita un articolo a parte. A seconda dell’approccio (ecologico o cognitivo), degli obiettivi, del periodo, degli atleti utilizzeerò la mia comunicazione in modo differente
  6. Dimostrare l’esercizio:
    • faccio ripetere tutte le volte necessarie evidenziando le fasi chiave (non è affatto detto che venga bene alla prima)
  7. Fornire le indicazioni sul focus attentivo, sul particolare obiettivo. Questa è una cosa che si può fare anche prima, ma il rischio è che venga poi dimenticata dagli atleti perché “sovrascritta” dalle indicazioni sullo svolgimento dell’esercizio. Per questo motivo a volte si può fare anche fare prima proprio per verificare il grado di attenzione, o per migliorarlo. In molti sostengono che gli esercizi e gli obiettivi vadano presentati, almeno a grandi linee all’inizio dell’allenamento. Io non credo sia una buona idea per 2 motivi: primo perché voglio coltivare l’adattamento immediato alle richieste, che non ottengo se iniziano a pensare a quella certa cosa fin da inizio allenamento; secondo perché lo svolgersi dell’allenamento può portarmi a cambiare idea e a non fare più quell’esercitazione, e quindi non ha senso averla detta/spiegata prima.
    • assicurarsi che siano chiari: sono il motivo per cui siamo lì!
  8. Correzioni/feedback in corsa. Ricordarsi del feedback positivo. E’ impossibile che sia sempre tutto sbagliato. Io utilizzo 3 modalità:
    • individuale: mi avvicino all’atleta e parlo a lei direttamente. In ogni caso parlo quasi sempre a voce alta. Quell’informazione può in ogni caso essere utile anche ad altre atlete. Sono rarissimi i casi in cui ritengo sia necessario rivolgersi “privatamente” a una sola atleta
    • di squadra, feedback semplice: fermo tutto, ma lascio le giocatrici dove sono. Mi sistemo in una zona della palestra da cui posso vedere tutti e tutti possono vedermi e una volta che ho l’attenzione (palloni fermi) fornisco il mio feedback generale
    • di squadra, feedback complesso (o ramanzina): fermo tutto e chiamo: “Time Out”, per cui si interrompe tutto, le ragazze si dispongono vicino a me come durante la spiegazione e lì fornisco il mio feedback.
  9. Feedback finale. Alla fine dell’esercizio valutare se è il caso di dire qualcosa. Personalmente non credo che sia SEMPRE il caso di dire qualcosa. Le atlete sono perfettamente in grado di interpretare il feedback sui risultati (Kr), e questo nella maggior parte dei casi è sufficiente, specie se l’esercitazione è costruita bene. Quando i feedback possono essere male intepretati o è necessario per qualche motivo fornire anche feedback sulla performance (Kp) allora è opportuno intervenire per cercare di chiarire quello che è successo.